Appartengo a quel pezzo di Sicilia che crede fermamente che il divario fra il nord ed il sud del Paese sia unicamente la conseguenza di scelte politiche che, nel corso dei decenni, hanno unicamente puntato al deperimento economico, occupazionale, culturale e soprattutto infrastrutturale del Mezzogiorno del paese e della Sicilia in primis, condannando di fatto quest’isola ad essere marginalizzata e decontestualizzata, rispetto ai grandi processi di sviluppo e di crescita globale, alimentando il paradosso di una terra straordinariamente ricca eppure straordinariamente povera.

Appartengo a quei siciliani convinti che questa terra disgraziata e meravigliosa (come la definiva Paolo Borsellino) meriti molto di più di una classe dirigente disillusa, rassegnata alla marginalità e dalla mediocrità

Voglio manifestare tutta la rabbia, l’amarezza e la delusione di un parlamentare con la giusta determinazione di chi vuole lasciare un segno, di chi vuole cambiare le cose, di chi vuole prodigarsi per migliorare le condizioni e la qualità della vita della sua comunità.

In nome di questa forte convinzione ho lavorato, sin dal primo giorno, con la voglia e la volontà di portare avanti i bisogni e le tante giuste istanze di quel pezzo di Sicilia che non vuole arrendersi al sottosviluppo, che ogni giorno lotta e combatte nella Speranza che finalmente qualcuno si accorga quanto ricca e bella sia questa terra e che si renda conto di quanto la Sicilia possa offrire al mondo ed ai suoi figli, se amata e valorizzata nel giusto modo.

Sin dal primo giorno ho lavorato con l’obiettivo di essere una sorta di amplificatore istituzionale delle tante idee di quei siciliani che, come me, hanno accettato la sfida del futuro restando a casa loro, ma guardando anche ai tanti che invece si sono rassegnati a fare le valigie per andare via, alla ricerca di opportunità che qui venivano loro negate, nella speranza di vederli prima o poi tornare a scommettere sulla propria terra, tornare ad investire sul proprio genio a casa propria.

Io penso che questo paradosso non sia casuale, ma figlio di logiche e di scelte, a cui oggi tutti insieme dobbiamo dire basta!!!

Per queste ragioni ho chiesto, con animo speranzoso e con appassionata determinazione, che nella pianificazione delle enormi risorse destinate  al Recovery Plan, la Sicilia, il suo parlamento ed il suo governo regionale, insieme ed uniti, potessero battersi per la realizzazione di un sogno, che ha attraversato i decenni, per arrivare fino a noi: ovverosia il completamento dell’anello autostradale, con la realizzazione della Gela Castelvetrano.

Non c’è bisogno che io spieghi le ragioni di una scelta che, se portata a compimento, cambierebbe radicalmente le sorti ed il futuro di questa nostra Sicilia.

Non c’è bisogno che io aggiunga parole e ragioni all’evidenza di un’opera pubblica che, se realizzata, contribuirebbe in modo determinante a ridurre quel divario infrastrutturale tra la parte settentrionale del paese e la Sicilia, riammettendo la nostra isola a pieno titolo nelle grandi reti della mobilità, da cui passa lo sviluppo e il progresso economico.

Ho pensato che le ragioni di una tale scelta fossero talmente evidenti da spingere tutti i siciliani investiti di importanti responsabilità istituzionali, a Roma e a Palermo, a condividere con me le ragioni di una battaglia epocale e ho sperato che l’unanimità di una simile visione potesse finalmente restituire centralità alla Sicilia, nelle scelte di investimento e di pianificazione economica italiane ed europee.

Invece mi trovo, mio malgrado, a dover fare i conti con l’ennesimo fallimento di una classe dirigente, evidentemente troppo miope per vedere ciò che ai miei occhi è evidente ed insieme  troppo debole per difendere le ragioni e diritti della Sicilia, laddove si decidono i destini delle nostre comunità.

Pertanto,… mi chiedo:  “se non ora, quando?”

Quando vedremo con occhi liberi e appassionati quanto la Sicilia ha da offrire al mondo in termini di ricchezze e di bellezza? quando la smetteremo di  di vivere nella rassegnazione, nella mediocrità e nella marginalità? quando uniremo le nostre forze per difendere i diritti e le aspettative di chi non vuole andare via, di chi vuole costruirsi un futuro libero e dignitoso restando a casa propria, ma anche di chi è stato costretto a fare le valigie alla ricerca di un futuro, ma sogna di poter ritornare? quando la parola classe dirigente vorrà dire qualcosa e tornerà ad assumere un significato davvero nobile agli occhi dei siciliani? quando sceglieremo di lottare con ogni mezzo per fare il nostro dovere, che è quello di restituire opportunità e speranze a chi ci ha eletti per cambiare le cose?

Se non ora, quando faremo valere le ragioni di una Sicilia che non vuole morire nell’oblio e che vuole diventare una terra ricca e progredita?

Se non ora quando?

Abbiamo il dovere di alzare la testa e di gridare al mondo la rabbia di chi vuole riconosciuto il proprio diritto allo sviluppo… la “Gela Castelvetrano” si deve fare… e tutti noi abbiamo il dovere di combattere per raggiungere questo obiettivo.

Chi si tira indietro ne dovrà rendere conto ai suoi figli e al giudizio della storia.

Io voglio continuare a combattere!

  1. Sono tante le cose che si dovrebbero fare in Sicilia. Questa è una di quelle, non la più importante, ma serve. Come serve sistemare le Nostre di strade. Quelle cittadine, quelle periferiche, quelle consortili (come Nadore). Serve far ripartire le terme, pulire la villa comunale, sistemare la colonna votiva delle terme(a costo Zero). Creare il museo antimafia, il giardino della Memoria, far conoscere ai Nostri giovani i Nostri Eroi, coinvolgendoli come fa Don Ciotti, insegnando Loro che Niente è impossibile se lo si vuole Davvero. Aiutiamoli caparbiamente a non fare le valigie, ad essere e lottare tutti insieme. Buon lavoro.

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