Buon giorno e buona domenica.
Scrivere oggi ha un sapore strano, é un giorno importante di ricordo e analisi, all’indomani delle celebrazioni per il trentesimo anniversario della caduta del muro di Berlino. Uno squarcio al progresso, una ferita di mattoni che ha, per oltre due decenni, separato uomini e donne, costringendoli ad un’identità che non era la loro. Uomini dell’est e uomini dell’ovest: identici per sogni, aspirazioni, dolori e gioie eppure separati. Il 9 novembre 1989 però, la più potente di tutte le armi, la Parola, – quella carica di significato, che si fa grido d’aiuto, mezzo di pacificazione e diplomazia, supplica accorata o severo rimprovero – ha scalfito quel muro, abbattendolo. Mattone dopo mattone quel muro di cemento e odio, nel cuore di Berlino, è stato distrutto, riscaldando il gelo lasciato dalla guerra fredda tra Occidente e Russia. Oggi a quei ragazzi e a quelle ragazze felici e innamorati sotto le rovine del muro vorrei guardare come a delle foto da cartolina, come a ricordi sbiaditi di un’Europa che è stata e che mai più sarà.
E invece no.
Perché mentre sotto la Porta di Brandeburgo si innalzano cori di pace e unificazione tra i popoli, in Italia una Senatrice della Repubblica, una signora di 80 anni, arzilla si ma dalla vita se non altro complicata, è sotto scorta perché ebrea (poi me lo raccontino i leghisti e i neo fascisti che non hanno creato un clima di terrore e odio).
Perché nel mondo, oggi, ci sono oltre 8000 km di muri che, con arroganza e sprezzo per il dolore, tentano di fermare un’umanità che scappa.
La caduta del muro, quella stretta di mano tra Regan e Gorbaciov, simbolo di un’Europa e di un mondo intero unito e pacificato, oggi è minata. Alla distruzione di quel muro, accolta con gioia e sorrisi, sembra stia seguendo la lenta costruzione di tanti altri muri, di gran lunga più pericolosi e subdoli perché meno visibili. I muri della non diplomazia, dell’arroganza, della difesa strenue e stupida delle proprio posizioni quand’anche illegittime e criminali.
Ora io credo non sia troppo tardi però. Credo che per come sia stato raso al suolo quel muro 30 anni fa, l’umanità abbia la capacità di distruggere ogni tipo di frontiera ingiusta anche oggi. È così, quindi, che voglio ricordare quel 9 novembre 1989, promettendo a quei giovani di allora, combattenti e pieni di valori, che i loro baci e i loro sorrisi davanti al muro distrutto non li abbiamo dimenticati e che troveremo la forza di abbattere ogni altro muro, sempre, in ogni parte del mondo.
